Il giovanotto “Poggio Imperiale”

L’infanzia e l’adolescenza di Terranova o Poggio Imperiale passa veloce. Già cresce in gioventù come figlio emancipato, che dalla famiglia paterna (Lesina) va fuori crescendo in floridezza e figli. L’aria è salubre, lontano due miglia al sud del lago di Lesina. Situato, Poggio Imperiale, su un ridente colle, gode di un panorama meraviglioso: il Gargano fino al monte Devio, San Nicandro, il lago di Lesina, l’Adriatico con le Tremiti, gli Appennini… Gli industriosi abitanti con le loro fertili messi si arricchiscono. Le donne partecipano con gli uomini nei lavori dei campi e, accudendo gli animali domestici, servendosi della spola e il fuso, contribuiscono ad accrescere la prosperità della famiglia, diminuendo i bisogni della carne dell’unico macello. Non mancano i merciaioli di San Severo che vendono i loro prodotti agli abitanti, specialmente alle donne. Tutto questo è confermato da una visita che Biase Zurlo, Commissario feudale, fece a Poggio Imperiale, con una risposta inviata all’Intendente G. Charron il 22 ottobre 1811 (SUPPLIMENTO DEL BULLETTINO, della Commissione feudale n. 15, Napoli, 1841, pp. 228 e ss).

“… Il Ministro dell’Interno mi aveva particolarmente raccomandato di migliorare quanto fosse stato possibile: il villaggio di Poggio Imperiale. Vi andai di persona, e vidi anche io quanto quella popolazione attiva, buona e agricola lo meritasse (si riferisce alla divisione dei demani tra Lesina e Poggio Imperiale). Trovai il villaggio situato appunto nel centro della mezzana feudale di carra 21 e versure 14; vidi le fabbriche che quegli abitanti vi avevano formato; vidi i loro pozzi donde attingevano l’acqua, ed osservai con piacere quanto quella popolazione prosperava. Dall’altra parte mi si presentò a colpo d’occhio l’inconveniente in cui si sarebbe incorso, dandosi su questa mezzana la metà a Lesina, poiché ella avrebbe occupato i pozzi ed una parte dell’abitato. Avrei allora fatto ad una popolazione buona ed attiva un danno incalcolabile, ed avrei giovato poco alla popolazione di Lesina, poltrona, viziosa e cattiva, il cui regno è il corseggiare sul lago, ma non quello di coltivare la terra.

Considerai che la mezzana feudale doveva restare intatta perché servisse di tenimento a Poggio Imperiale, accantonandovisi gli usi statonicali di quel villaggio sulle portate, dietro la determinazione che se ne attende da S. M. pel canale dell’Interno.

Considerai, infine, che il luogo più proprio, più vicino a Lesina, il più attaccato alla difesa del Comune era la Focicchia. Ecco dunque il motivo pel quale la metà della mezzana feudale spettante a Lesina gli fu assegnata sopra Focicchia. Mi resta solo ad aggiungervi, che in questo cambio concorse a voce anche il consenso del sindaco e deputato di Lesina da me riportato nel processo, ed enunciato nell’ordinanza; consenso contro del quale egli ha avuto l’impudenza di reclamare…

… Se ho fatto entrare i cittadini di Poggio Imperiale nell’accantonamento del bosco, ciò non è stato da un sito di giustizia. Poggio Imperiale è una parte della popolazione di Lesina, ed i suoi abitanti ivi sono battezzati. Essi dunque hanno lo stesso diritto che Lesina sul bosco. Poggio Imperiale vi ha un diritto pozione nascente dall’espressa concessione dell’ex barone; e finalmente se in questo io ho separato la parte spettante a Poggio Imperiale, assegnandocela accanto al rimanente bosco dell’ex barone, l’ho fatto colla veduta da me manifestata a S. E. il Ministro dell’Interno, di procurare a Poggio Imperiale con una permuta di questa parte di bosco col principe, una ampliazione di terreno attorno al suo abitato…”.

È il 18 gennaio 1816. Poggio Imperiale può godere autonomamente il suo territorio.

Al Sig. Sott’Intendente del Distretto di Sansevero —Sig. Sott’Intendente — Il giorno 18 corrente, epoca a memoria dei posteri, della nostra rigenerazione, della nostra divisione, ed indipendenza dal popolo di Lesina, e dello stabilimento de’ nostri dritti Patrj, è stato segnato ne’ fasti di questa nascente Comune. Di tanto beneficio siamo debitori all’Augusto nostro Sovrano, alla bilancia della sua giustizia, alle sollecitudini dei suoi Ministri, alle provvide cure del Sig. Intendente, e vostre. Il verbale della nostra Istallazione ha già espressato i vivi sentimenti della nostra riconoscenza, del nostro rispetto, dell’obbedienza nostra — Scelti a rappresentarvi il Corpo Municipale, faremo di tutto per corrispondere gelosamente a quella fiducia, che è stata in noi riposta. Ma quali inesperti fanciulli, che cominciando con incerto, e mal sicuro passo a segnar la terra, han bisogno della mano benefica, che li conduce, perché non inciampino: così noi privi di esperienza, e di lumi sufficienti nella intrapresa carriera delle funzioni addossateci, pericoleremo certamente, se la vostra autorità non ci guida colla saviezza de’ suoi consigli, e la vostra fermezza d’animo non ci protegge, e ci garentisce nel possesso dei nostri dritti dall’occhio maligno de’ vicini. Questa grazia imploriamo , questa bramiamo meritarci. Felici noi, se sapremo ottenerla, se sapremo corrispondervi, o Signore. Per disimpegno intanto de’ primi nostri doveri vi umiliamo la Conclusione tenuta per la Terna de’ pubblici Funzionari di questa Comune. Sotto la direzione del vostro Delegato Sig. Longhi, e mercè il soccorso delle sue penetranti insinuazioni osiamo dire, che questa sia stata fatta lungi qualunque prevaricazione, precipitanza, o parzialità. Compiacetevi di accoglierla per 1’uso di risulta, e darle sollecito disbrigo — E tributandovi gli omaggi del più alto rispetto, abbiamo 1’onore di salutarvi con distintissima stima — Giuseppe di Cicco Decurione, Nicola Berardi Decurione, Giovancamillo Focarete Decurione, Francesco Braccia Decurione, Nicola de Carolis Decurione, Domenico Colelli Decurione, Michele Penna Decurione, Giuseppe Modugno Decurione, Lorenzo Picone Decurione (MATTEO FRACCACRETA, Teatro topografico storico della Capitanata e degli altri luoghi più memorabili, tomo IV, Napoli 1834, p. 98).

L’Intendente di Capitanata, in base alle terne presentare, il 18 gennaio 1816, li conferma decurioni del nascente Comune di Poggio Imperiale con le seguenti cariche: Sindaco D. Giuseppe de Cicco, 1° Eletto il Sig. Francesco Braccia, 2° Eletto il Sig. Francesco Morrone, i quali entrarono in carica il primo Aprile 1816, epoca memoranda della prima Municipalità di questa nuova Università.

Ora Tutto questo abitato è di carra due, versure due, e passi dieci, oltre a carra due, versure quindici e passi cinquanta di orti, vigneti ed uliveti concessi a Poggio Imperiale dal fondatore D. Placido imperiale agli abitanti, per il canone di tomolo tre di grano, come altre dodici per la Colonia risecategli nella Divisione dei Demani (ASFG, Lesina e Poggio Imperiale, Divisione dei Demani, vol. IV, carte scritte, n. 46. I Ripartitori Demaniali erano quelle persone che dividevano i terreni di proprietà del Comune ai cittadini.), con il sorteggio divise a 147 coloni poveri con rata ad ognuno di passi 48 fertili. (MATTEO FRACCACRETA, o. c., p. 110.)

Emancipata così Terranova o Poggio Imperiale, partì dal 1817 distinto da quello di Lesina il suo Catasto provvisorio dei fondi urbani e rustici del suo territorio di carra 216, e versure 8, confinante colla Difesa di Lesina al Nord, al Sud con quella di Apricena , all’Est ancora con Apricena e di S. Nicandro, all’ Ovest con quelli di S. Paolo e Ripalta; sui quali grava il tributo fondiario di annui doc. 2678, 83 giusta il Ruolo di quest’anno.

Dal 1816 iniziò ad essere presente nel Comune il suo Medico e Chirurgo D. Nicola Ascolese di Montuoro, che prima assisteva anche Lesina. Il nuovo comune ebbe pure il suo Curato indipendente da quello di Lesina col suo battistero e con i suoi Registri Parrocchiali.

Il primo curato, originariamente, dopo il 1761 fu il Rev. D. Nicola la Melia di S. Angelo dei Lombardi, oggi è (scrive il Fraccacreta al tomo IV della sua opera) D. Pietrangelo Ricciardi di Gildone. Lo approvava la Curia di Benevento, alla cui Diocesi apparteneva la Chiesa di Lesina e il Villaggio di Terranova o Poggio Imperiale e, prima del 1816, la curia approvava il curato dopo che era stato nominato dal Principe, che gli dava annui doc. cento. Oggi il nuovo Municipio gli dà 120, come al suo Coadiutore, che è oggi il Rev. D. Antonio Rubici (poi Bubici) figlio di Primiano, e nipote di quell’ Antonio, che qui restò con tre altri suddetti Teodoro, Spenser, e Maurizio degli Albanesi già venuti nel 1761. Essi portavano i mustacchi (baffi folti e molto lunghi) e le basette. Don Antonio Rubici è stato il primo Sacerdote indigeno dal 24 Settembre 1831, mentre dal 22 Settembre 1832 l’altro sacerdote è stato D. Luigi de Cicco (1), figlio di D. Giuseppe, primo sindaco. Don Luigi è stato pure Cappellano della Congregazione del SS. Cuore di Gesù, istituita con Dispaccio dell’8 Maggio 1828 nella Parrocchia di S. Placido. I Confratelli indossavano la mozzetta cremisi orlata bianca sul camice bianco col cingolo rosso, senza la tracolla, ma col cappello al fianco. Il Governo l’autorizzò a questuare le pie oblazioni per pensionarlo, ed ergersi un’altra Chiesa col detto suo titolo, che si è già ideata di palmi 35 per 80 nell’estremo Nord della gran via di Lesina.  

La suddetta Parrocchia aveva tre altari colle statue di legno, il Maggiore di S. Placido, che il Principe fondatore titolò col suo prenome, il destro del SS. Cuore di Gesù’ nel primo dei suoi Cappelloni; il sinistro di san Michele, che, come santo tutelare, si festeggiava l’8 Maggio e 29 Settembre anche col corso equestre. La Chiesa, larga in origine palmi 24, lunga 5 nel 1820, e 83 nel 1832 si allungò a 100 con quei tre Cappelloni e Coretto aggiuntivi all’Ovest, larghi 18, lunghi 85. La porta era all’Est, di fronte la Palazzina e dentro la Chiesa c’erano i seguenti epitaffi: nell’ultimo pilastro del primo Cappellone e nel suo lato verso l’altare del SS. Cuore di GESÙ’ si leggeva — D. O. M . Mortale quidquid habet — hic deposita — Concepta Petrucci — Incomparabili exempli foemina — * Quae continue iuvavit hunc populum — et nunquam … morte turbavit — Die XXIII mense Martii MDCCC XXVIII Aetatis suae XLV — S. T. T. L. — O beatissima Anima — Joseph de Cicco conjux optimus – B.D.S .M. Hunc tumulum cum lacrimis – posuit. Nell’altro pilastro tra il primo e secondo Cappellone sul lato verso la porta si leggeva: — Ave Concepta — Amores parenti deliciaeque — O digna Deo, virginumque choris — Ave ìterum salve, et vale — Nostrique ne obliviscitur — Sed Coelestem doni sequeris sponsum – Quantum potes, adjuvat — Nata est Sancti Severi XI II Kal. Sept. — Ann. MDCCCXXV 1 I — Vixit menses XI. Dies III — Mors per peccatum — ast moritur qui criminis expers, — Non meliore potest Claudere morte dies — Coelestinus Trotta , et Antonia Maria Oliva — Filiae Dei carissimae , et . . . Il terzo era sul Presbitero sotto la nicchia dell’Addolorata a sinistra ed era scritto: — D. O. M. — Hic ossa jacent — • Barlholomaei Sacer. Cocca — Doctr. moribusque praeclar. — qui inter viventium numerum — annos extit.LII.; — Laborib. tandem consu: meritis — plenus in pace dieta obiit supremum — – XV. Kalen. Februar. 1802 — Adejus aeternam memoriam —Nicolaus Cocca grati. Nepos, hunc tumulum magno cum jubilo posuit.

Al pari della Chiesa e degli abitanti sono accresciuti in Poggio Imperiale gli edifici privati, non i pubblici. L’Università non ne ha e il Municipio risiede in due soprani della palazzina Baronale, affittati. Sono artefatti con semplice, ma bel lavoro con i tufi della Tufara (che è nella Portata di S. Spirito del R. Tavoliere, di carra 14 censita al Sig. Nanni di Campodigiove, soggetta a doc. 170 di fondiaria, si trova ad 1 miglio all’Est dal paese, 5 da Lesina) e con le lapidi della Petriera, di pietra dolce e di pietra a scaglie presso la Morgetta sopra S. Giovanni in piano nella Posta di Trevalli, ad un miglio dal paese e 4 da Lesina all’Est. Quivi le colline e pianure nelle falde Nord-Ovest del Gargano sono un masso di pietre, come di gesso verso la foce del fiume Fortore, delle quali si forniscono i confinanti, oltre che gli abitanti di San Severo. Non vi sono più edifici coperti di paglia, come c’erano fino ad Ottobre 1815 nella strada Albanese.

Fanno bell’ala a strade amplissime, che sono 20 nuove, larghe passi 20 fino a 70, lunghe almeno 100, oltre alle tre e più antiche e parallele da Est a Ovest sino al largo della Piazza e della Chiesa, dove davanti c’è la Croce, c’è un trapezio bislungo di circa 4 passi con tre fosse granarie Baronali, una rivestita di mattoni, due di lapidi, valutate doc. cento (2). Altre fosse sono costruite da cittadini possidenti (3).

Le tre strade antiche sono: Albanese la più ad Ovest, larga palmi 3 e lunga 16, che, di fronte a più edifici privati all’Ovest, conta in fila i 5 sottani del Principe D. Placido, con tetto di una pendenza e banderuola su la porta di un pezzo, un focolaio ed un finestrino all’ Ovest. Un muro dietro li divide da altri l5 sottani simili in fila con la porta all’Est nella strada che segue, detta pure Albanese e dietro la palazzina le case sono affittate ognuna a circa doc. sette annui. Tutte comprendevano anche i 15 stalloni che inizialmente il Principe, grazie ai muri divisori, vi fece abitare i primi Albanesi e da questi prese il nome. Sono questi ultimi 15 rimpetto ad 8 sottani con la porta all’Ovest in questa ultima strada con i rispettivi soprani, ed 8 nella strada seguente all’Est, detta della palazzina con i loro 8 soprani, il primo dei sottani fu stalla, il terzo magazzino del Principe, gli altri sei furono dati in affitto. I 16 soprani formarono la palazzina del Principe e del suo Agente, quando questo luogo era masseria, e poi Villaggio, e diede il nome a questa strada avanti ed a quella dietro “Albanese”. Vi si sale per cinque gradinate, due in quella Ovest, una nell’Est, due nella Nord-Ovest di fronte al lato Sud della Chiesa. La prima di 18 gradini di pietra, parapetto, e ballatoio in laterizio dà l’ingresso a sinistra a due soprani contigui, mattonati e soffittati sotto il tetto di una pendenza, con finestrino in due pezzi verso borea, a destra ad un soprano simile con finestra all’Ovest, nei quali sono murate le porte intermedie interne. La seconda gradinata è simile, sostenuta dagli archi, dà l’ingresso a quattro soprani divisi dalle porte intermedie pure murate. Alle spalle sporgono altri quattro soprani al Sud con simile gradinata. Nella strada Est a linea del frontespizio della Chiesa la quarta e quinta gradinata simile di 6 gradini, dà l’ingresso attraverso due porte a sei soprani della stessa palazzina, dove il pavimento è di riggiole (antiche tecniche edilizie di pavimentazione), e soffitto simile, quattro con le finestre simili verso la strada Est, due all’Ovest.

In questa strada ci sono pure un soprano con balcone di D. Pietro Rispoli di San Severo e quattro soprani senza balconi degli eredi di Nicola Berardi. Un Vico a Sud-Est comunica con quelle due strade avanti e dietro. La più ad Est è larga 53, lunga 400. Rimpetto alla palazzina, nel lato opposto, vi sono quattro sottani Baronali con la porta all’Ovest, nella parte posteriore di quattro altri suoi sottani, che hanno la porta all’Est nella strada detta Focarete dal cognome di un cittadino. Qui vi sono due soprani con balconi di Nicola Cocca e con un sottano per taverna, ed un’altro soprano senza balcone. Vi sono poi altri cinque con due balconi di Nicola de Carolis, dov’è una Farmacia. Qui di fronte vi sono in fila 15 sottani Baronali colla porta all’Ovest dietro ad altrettanti con la porta all’Est nella seguente strada, che è la terza di quelle antiche, detta Stallone, perché vi erano in origine gli Stalloni della masseria del Principe D. Placido, che egli trasformò con i muri intermedi in 30 sottani abitabili ed è 1’ultima la più Est, che fa capo in quel largo della Piazza. Nel lato opposto vi sono sette sottani pure del Principe con la porta all’ Ovest, dietro ai quali i sono altri suoi sette con la porta all’Est nell’altra seguente strada detta pure Stallone. Da questa un vico porta alla strada di Maria cosiddetta da un cittadino di tal cognome , ed in fine la seconda di Maria più ad Est. Le descritte strade sono parallele, e fan capo ad Est alla laterale di San Severo, detta Trevalli, perché chi viene da questa Città, incontra più case all’Est, altre all’Ovest verso la strada Albanese, poi c’è una Caffetteria sotto due soprani di fronte a quella della palazzina. La via Albanese e della palazzina al Nord-Ovest fanno capo nel Vico tra quest’ultima e la Chiesa, alla via detta dei Ruffiani. Dietro la Chiesa al Sud-Ovest vi è un altro Vico con tre sottani rimpetto ad essa, con i loro tre soprani e balconi del già nominato Parroco Ricciardi. A linea del frontespizio della stessa segue in quel largo un trapezio bislungo con due soprani, poi c’è un Vico verso il Pozzo Comunale, che è profondo mezzo miglio all’Ovest in una valletta dopo il canale detto degli elci, dagli elci là piantati, le cui acque sorgono tiepide anche d’estate. Segue un quadrilungo con due soprani, che chiude al Nord quel Largo; poi l’altro Vico, che va a quel Pozzo, nell’angolo dove imbocca la strada di Lesina, ch’è amplissima, palmi 70, fiancheggiata da quattro soprani con i balconi all’Est, che sporgono pure dietro nella strada di Lesina, e sono del predetto D. Giuseppe de Cicco, sopra i quali vi sono altri due soprani senza balconi.

Nella stessa strada vi sono altri due soprani senza balconi di Giuseppe Nista. Finalmente rimpetto alla Chiesa coronano quel suo Largo al Nord-Est cinque soprani con i balconi di Primiano Bubici, sporgenti nell’angolo lungo la strada che prende il suo cognome. Ci sono poi due senza balconi del Greco Giorgio Busacchi, giunto fresco dall’Epiro in San Severo e poi qui. Seguono due soprani con i balconi del Sig. Primiano Sacelli e poi due simili di Gerardo Saitto. In seguito ci sono poi quattro soprani simili con balconi e finestre dei fratelli Giuseppe, ed Andrea Chiaromonte, ed infine tre senza balconi di Vincenzo, e Michele Penna. Dietro a questi soprani sono gli edifici del Borgo Nuovo.

Alfonso Chiaromonte

(1) Il primo professore di Poggio Imperiale, scrive Fraccacreta, tomo IV, p. 206, è D. Luca de Cicco, fratello del secondo sacerdote indigeno don Luigi, figli di Giuseppe de Cicco, primo sindaco di Poggio Imperiale. Luca studiò a Napoli nel Collegio Medico, ebbe la licenza di Dottore Fisico e poi nel 1834 quella di Dottore in Legge.

(2)

(3) DECRETO n. 2295 con il quale si autorizza il comune di Poggio Imperiale in Capitanata ad alienare in favore di Primiano Rubici (poi Bubici) e Bartolommeo (Bartolomeo) Cocca gli spazi di palmi quattro e mezzo di suolo pubblico per ciascuno, ad oggetto di formarvi due fosse per conservarvi generi cereali di loro pertinenza, pel prezzo stimato di carlini 12 per ogni spazio. Napoli, 1° febbraio 1829. (Cfr. Leggi e Decreti Reali del Regno delle Due Sicilie, anno 1829, p. 35).   DECRETO n. 4850 autorizzante il Comune di Poggio Imperiale in Capitanata ad alienare a D. Luca de Cicco per lo prezzo di ducati trenta il dimandato tratto di pubblico suolo per costruirvi dieci fosse onde riporvi cereali. Napoli, 26 settembre 1838. (Cfr. Leggi e Decreti cit., anno 1838, p. 156). DECRETO n. 4933 che permette al Comune di Poggio Imperiale in Capitanata ad alienare a D. Luca de Cicco per l’offerto prezzo di ducati trenta il tratto di suolo pubblico da lui chiesto, per costruirvi dieci fosse da riporvi cereali. Napoli, 3 dicembre 1838. (Cfr. Leggi e Decreti cit., anno 1838, p. 218).