La Chiesa di san Placido m. a Poggio Imperiale

In occasione della ricorrenza della festa patronale di san Placido m. del 5 ottobre 2019, che si celebra a Poggio Imperiale, è piacevole ricordare alcuni documenti dell’ASFG, riguardanti la chiesa di san Placido m.

di Alfonso Chiaromonte.

Chiesa di San Placido M.

” La chiesa di san Placido, così si legge nel documento del vescovo Foschi, fu edificata nell’anno 1759 a spese dell’Ec.mo Sig. Principe Don Placido Imperiale, utile Sig. di Lesina, e nel mese di marzo dell’anno 1760 per commessione della Rev.ma Curia Beneventana fu benedetta da D. Felice Arciprete Lullo, e perché non ancora le è stata assignata la propria dote, è venuto perciò il sud.to Sig. Principe a contribuire in tutte le spese per la riparazione o fabrica, e per le sagri suppellettili”.

“L’altare, scrive ancora il vescovo Foschi, è posto di contro alla porta, formato di rozzissima fabrica, tiene un gradino, e la predella di legno; la pietra sagra, in cambio di risaldare dal piano della mensa, tantoché possa conoscersi dal tatto, è al piano sud.to sottoposta più di due dita”.

“Nel quadro dell’altare vi è dipinta l’immagine di M.S.V. col Bambino in braccio e di S. Placido Martire, la di cui festività celebrasi a cinque ottobre, il qual quadro, per essere perfettamente quadro, cioè palmi sei largo e palmi sei alto è perciò senza proporzioni”.

“Sopra il muro del corno del vangelo sta costruito un piccolo campanile con una campanella di circa rotoli cinquanta, che da dentro la chiesa vien sonata”.

“Nel corno dell’epistola vi è situato un mezzo confessionale, senza che dalla parte del penitente vi sia l’imagine del Ssmo Crocefisso, e dalla parte del Confessore la tabella dei casi riserbati alla santa sede, ed all’Ordinario”.

“Non ha questa Chiesa né Sagrestia, né Armario, possiede bensì la seguente sagra suppellettile altaristica, e Missale da Noi approvata…”.

Dalla descrizione del vescovo Foschi si comprende molto bene che più di chiesa, cioè di edificio come lo intendiamo noi oggi, si trattava di una cappella rurale, eretta per le persone di campagna, sempre mantenuta dalla Casa Imperiale.

Il villaggio, però, ben presto si popolò e con la costruzione di nuove case cominciava a prendere la forma di un paese nascente. Con l’aiuto della Casa Imperiale e con l’obolo dei fedeli si rese necessario l’ampliamento della cappella.

Nel 1770 il principe Imperiale provvide al suo rifacimento e nel 1771 consegnò alla popolazione di Poggio Imperiale un edificio quasi rinnovato, dedicato sempre a san Placido M. e posto sotto la protezione dell’Arcangelo san Michele.

Durante il rifacimento della Chiesa  fu ritrovata una lapide, che testimonia la devozione dei poggio imperialesi all’Arcangelo S. Michele.

La cappella, forse, per cause naturali o per negligenze umane, nel corso degli anni subì diverse modifiche. Il 21 e il 22 novembre del 1820 ci fu un forte terremoto, che causò la caduta di due arcate, mentre la terza rimase pericolante.

ASFG – Opere pubbliche Comunali, Poggio Imperiale. (Accomodi alla Chiesa matrice 1821 – 30, b. 39, fasc. 670). “Il Sindaco di Poggio Imperiale, in una lettera inviata all’Intendente, ha fatto sapere che la Chiesa di cui si tratta, che era anticamente una cappella eretta e mantenuta dal Principe Imperiale per comodo della gente di campagna addetta alle di lui industrie; che in seguito, riunitosi colà più naturali di diversi paesi, cominciarono a costruirvi delle case, dando a quel villaggio la forma di un paese nascente; e che la suddetta cappella, nonostante che servisse all’uso di tutti, era tuttavia mantenuta dal Principe Imperiale e che nel 1816, quando Poggio Imperiale fu dichiarato comune, si principiò a battere la detta cappella e a ridurla a chiesa colla spesa e col travaglio di tutti annualmente, e col peso ancora del mantenimento di essa a carico dei comunisti, come tuttavia continua, senza che il Principe Imperiale ne avesse presa da quell’epoca del 1816 ingerenza alcuna.

Considerando che il detto Principe, dacché Poggio Imperiale divenne comune, non abbia giammai reclamata la proprietà, e l’uso della cappella sopradetta, che anzi abbia tollerato che i nuovi comunisti avessero edificato su quella pianta una nuova Chiesa, addossandosi benanche il mantenimento della medesima, per cui col fatto abbia rinunciato ad ogni diritto.

Considerando che più anni siansi fatte delle altre spese in detta Chiesa, e che ora non rimane altro a costruirsi se non chè i due cappelloni di cui si è rimessa la perizia e l’offerta per l’esecuzione dei lavori; Considerando che per la regolarità di detta perizia soggettarsi alla revisione di un ingegnere prima di essere approvata…”.

Il 16 ottobre del 1821 il sindaco Francesco Morrone, i decurioni Andrea Focarete, Giovanni Di Maria e Primiano Bubici e il parroco don Sabino Ricciardi indirizzarono all’Intendente di Capitanata un accorato appello in cui si chiedeva l’aiuto per far restaurare la Chiesa.

Così si legge in ASFG citato, b. 39, fasc. 670, c.1. “Un oggetto, che forma tutta la nostra premura ci sprona ad umiliarle direttamente le nostre preghiere. Allorché dalla Sovrana Clemenza ci fu compartita la grazia di istallarsi questa novella Comune, aumentata la popolazione, le prime nostre cure furono quelle di restaurare alla meglio l’unica Chiesa, e renderla medesimamente capace al numero dei cittadini. Non poteva l’Amministrazione Comunale con sì ristretta rendita fornire la spesa, ma col concorso unanime della cittadinanza braccia e mezzi di trasporto gratuiti principiante l’opera”.

“Dal 1818 si cominciarono a costruire le lamie, ed in quell’anno si è fatta la terza: ve ne resta un’altra dopo l’ultima arcata, e quindi il frontespizio, sagrestia e campanile. L’opera così intrapresa di buon successo apportava un urto maggiore alla devozione dei cittadini, i quali univano i di loro sforzi a quella tenua somma che la Comune poteva elargire annualmente: ma l’inopinata disgrazia del tremuoto della notte tra il 21 e il 22 novembre ultimo ha portato le lesioni alle prime due lamie. Tra il comune dispiacere non si mancò di farle osservare dall’architetto sig. Facciolla di San Severo, il quale disse che le lamie dovevano essere riparate; e, standoci sotto di esse l’Altare Maggiore, le sacre funzioni si fussero fatte all’altro altare più davanti verso la porta: ristretto il locale pure la Chiesa è sempre piena, e siamo allora nelle mani di Dio a liberarci di sotto le pietre”.

“In questa disgraziata situazione abbiamo stimato ricorrere alla di lei somma bontà, perché sia compiacente della sua considerazione, ed autorizzarci a farne seguire una pronta perizia, il di cui importo, noi stessi economizzando nel modo lo più energico, vedremo di trovare qualche risorsa momentanea almeno, onde il pericolo per ora si allontani, resti coverta la Chiesa alla meglio, e prepararci poi alla rifazione delle lamie rovinate”.

Si completarono i tetti con materiale più consistente, sistemando il grande organo della chiesa matrice (ora non c’è più), come si legge in una dichiarazione dei deputati delle opere pubbliche: “Si certifica che qui noi sottoscritti, deputati delle opere pubbliche di questo Comune di Poggio Imperiale, di essersi pulizzato l’organo di questa Matrice Chiesa, sotto il nome di San Placido Martire, e di essersi ancora accomodati li mantici di esso, che si erano bucati, oltre di altre piccole riparazioni fatte allo stesso, e la spesa occorsa, con tutto il risparmio possibile, di docati quattro, che devonsi all’organaro Nicola di Pasqua del Comune di Caccavone (oggi Poggio Sannita, IS). I deputati Francesco Braccia e Andrea Chiaromonte”. (ASFG cit. b. 39, fasc. 671, c.6).

Il Fraccacreta, nella sua visita che fece a Poggio Imperiale, si suppone nel 1835, così descrive la nostra Chiesa Matrice: “…La prefata parrocchia (anche se non lo era ancora) ha tre altari con le statue di legno, il Maggiore di San Placido che il principe fondatore titolò con il suo prenome, il destro del SS. Cuore di Gesù nel primo dei suoi cappelloni, il sinistro di San Michele che come titolare festeggiasi nell’8 maggio e 29 settembre anche col corso equeste. Larga in origine 24, lunga 50 nel 1821 – 1832 si allungò a 100 con quei tre cappelloni, e coretto aggiuntivo all’ovest, larghi 18, lunghi 35. La porta è all’est…”.

Il Fraccacreta qui non parla del quadro di san Placido M. Evidentemente in quel periodo non doveva ancora essere esposto, essendo stato conservato in qualche posto durante il rifacimento della Chiesa.

Il sacerdote che svolgeva le funzioni religiose fu ancora un Economo Curato. In quel periodo c’erano a Poggio Imperiale tre sacerdoti: don Antonio Ricciardi, titolare, don Brunone Leone, vice e don Alfonso, coadiutore. Il giorno 11 luglio 1893 ritornava alla casa del Padre don Antonio Ricciardi.

Il titolare divenne don Brunone Leone. Fu proprio in questo periodo che ci fu a Poggio Imperiale una Santa Visita pastorale da parte del Cardinale Camillo Siciliano di Rende, il 16 maggio 1893.

Durante questa visita si cominciò a parlare di Parrocchia autonoma per Poggio Imperiale e, quindi, distaccare la Chiesa di san Placido m. da quella di Lesina. Questo avvenne solo il 16 luglio 1893 e il primo parroco, canonicamente titolare fu don Brunone Leone.  Morto nel 1904 il parroco Leone, fu nominato Giovanni De Guglielmo, che nel 1919 presentava le dimissioni da parroco, che furono accolte. Gli successe don Giovanni Giuliani senior, il quale, pur essendo parroco della Chiesa di san Placido m., ebbe il possesso della Chiesa dal vescovo mons. D. Oronzo Durante il 10 giugno 1925.

Nel 1966, mentre era parroco don Giovanni Giuliani senior e vice parroco don Giovanni Giuliani junior, una parte della volta della Chiesa Matrice crollò

e per questo furono necessari nuovi lavori, che modificarono totalmente la struttura della chiesa.

Tra le altre cose sono stati rimossi il pulpito, l’organo e, dall’altare maggiore, la tela raffigurante san Placido M.., sostituita dall’attuale Crocifisso. In quell’occasione, però, è stata costruita la casa canonica.

Alfonso Chiaromonte