“Conoscere il proprio retroterra culturale: Usi, costumi, tradizioni, strumenti di lavoro della civiltà contadina…”.

Questa curiosità del secolo scorso è tratta da:

Conoscere il proprio retroterra culturale: Usi, costumi, tradizioni, strumenti di lavoro della civiltà contadina…”.

Fino al secolo scorso ci sono state molte distinzioni di appartenenza al ceto sociale delle famiglie. Si capiva subito da come il figlio chiamava il padre. Il figlio del contadino, del lavoratore…lo chiamava tatà, mentre il figlio del benestante lo chiamava papà. In questa curiosità descriverò un po’ la famiglia dei Tatà.

Quando il camino u fucaríle è acceso c’è sempre la compagnia delle pignatte di terracotta, che troneggiano accanto al fuoco come Santi nella propria nicchia. Il profumo più gradito è il vapore dell’acqua in cui bollono ceci, lenticchie e fagioli con la cotenna di maiale a kóteke.

Tutta la famiglia mangia in un solo piatto posto al centro della tavola. D’inverno la tavola è sostituita da una sedia, cui si toglie la spalliera, e, posta accanto al camino, si mette una tovaglia a mappína, e al centro un grande piatto con la minestra. Qualche volta la tavola è costituita dall’asciugapanni posto sul braciere u rascére. Non ci sono bicchieri a tavola e tutti bevono dallo stesso boccale u vukàle.

Ad un angolo della casa c’è un otre con un coperchio di legno e sopra un secchiello, la cosiddetta saròla, con l’immancabile tragne e secchjetélle.

1 – a kappe (la cappa), 2 – i piàtte (i piatti), 3 – u ferrùcce (il piccolo ferro da stiro), 4 – u kuppíne e i mute (il mestolo e gli imbuti), 5 – u casciunètte (la madia per il pane), 6 – a quartàre sóp’u banketélle (l’anfora per l’acqua sopra un banchetto), 7 – a sarulélle (una piccola giara), 8 – u secchjetélle (il bicchiere di latta con manico), 9 – u treppéde tunne (il treppiedi rotondo), 10 – a kavedàróle (la caldaia piccola), 11 – a pignate (la pignatta), 12 – u treppetélle (piccolo treppiede triangolare), 13 – a sègge de paglie (la sedia di paglia), 14 – a furtiére (la fondina grande di creta), 15 – u tavulenètte (il tavolino), 16 – u sciugapànne (lo sciugapanni), 17 – u rascére (il braciere), 18 – u pède du rascére (la pedana per appoggiare il braciere), 19 – a mèza sègge (una sedia piccola), 20 – a scekumaròle, u cacciakarne, a sartanje, u róte (il mestolo forato, il forchettone, la padella, la teglia), 21 – u lum’a petròleje (il lume a petrolio).

D’inverno poi, dopo aver consumato un pasto frugale, tutta la famiglia si riunisce intorno al camino per ascoltare, prima di coricarsi, le storie che racconta il nonno o la nonna. Quelle che particolarmente si ripetono sono i racconti fantastici sui serpenti custodi di tesori e sull’incontro di maghi e streghe che ha luogo sulle montagne.

Dopo i racconti spetta il meritato riposo e prima di dormire la nonna sgrana il rosario come vuole la tradizione familiare e solo al termine del rosario ci si fa l’augurio della buona notte.

Il camino o il braciere sono vero centro di aggregazione sociale dei nostri nonni; sono il luogo di vita contadina per stare insieme, per trascorrere le lente e lunghe serate autunnali ed invernali tra lavoro, curiosità, divertimento e preghiera.

In questi luoghi abbastanza poco luminosi si tramandavano di generazione in generazione le tradizioni, i racconti, le arti manuali delle donne e degli uomini: una vera fucina culturale.