Il Caldoli

IL CALDOLI

di Alfonso Chiaromonte

“Presso la riva meridionale del lago di Lesina, propriamente nella contrada San Nazzaro (san Nazario), trovasi un’acqua salina – termale, che scaturisce da più sorgenti, sensibilmente al livello del mare ai piedi di una collina con dolce pendenza, rivestita di uliveti, appunto dove incomincia la pianura, al limite del terreno pietroso ed il piano, composto di profondo terriccio paludoso del lago di Lesina. Le dette acque, dopo un corso di circa 2 km, vanno a scaricarsi nel lago, inalveato parte dalla natura e parte dall’arte e la loro corrente anima un molino. Non c‘è nessuna strada praticabile che da San Nicandro, dalla quale è distante 10 km verso N.O. conduce in questo luogo, né dalla stazione ferroviaria di Poggio Imperiale, dalla quale è distante 12 km”.

Il Caldoli o Caudolo[i]

Origine geologica

“A circa 4 km dalla sorgente, alla falda della montagna marmorea esiste un meato di terreno, dal quale non di rado, specialmente nell’inverno, sorge un vapore caldo, che dovrà segnare la sede di chimiche decomposizioni operatisi in seno alla roccia calcarea ed il punto ove prendono origine e si termalizzano le acque saline di cui si parla”.

Temperatura – tiepida 29°

“Fin qui non esiste una buona analisi di quest’acqua, pertanto ci associamo pienamente al desiderio del dott. Lombardi, che se ne faccia eseguire una più completa, essendo l’unica sorgente di questa natura nell’intiera provincia e così di grande importanza”.

Proprietà mediche

“Il dott. Lombardi sperimentò che quest’acqua agisce come potente diuretico, e l’impiegò interamente nelle idropsie, nelle itterizie non accompagnate da malattia organica del fegato, come pare nelle affezioni gottose; esternamente poi è ottima per tutte le piaghe atoniche, tranne quelle che sono sostenute da qualsiasi acqua palustre”. ([ii]).

Così scrive il Fraccacreta[iii]: “L’Aprio o Api, o Apri è un fiumicello, che da luoghi pantanosi sbocca al sud nel lago di Lesina, all’est di questa città. Questo fiumicello, chiamato anche Caudolo, sgorga bollente ai piè di un colle pietroso, uliveto degli ex Celestini di San Severo, oggi del R. Collegio di Lucera. Le sue acque calde (che gli dan quel nome) due gradi più dell’atmosfera, non già scottanti, sono astersive, e diuretiche. Contengono del sale di Epson, Zolfo, magnesia, ed altro giusta l’analisi de’ Fisici di Sansevero; perché trapelano fra le piriti, come l’additano pur l’acque tiepide del Pozzo Comunale di Poggio Imperiale, e la vicina Tufara, e Pietriera calcarea, ed il terreno arenoso, e sparso di ciottoli. Di là dell’Oratorio rurale di S. Nazzario, che vi ha la statua di legno, e si divide in due correnti di Caudolo, dov’è un albergo col mulino d’acqua di quel Collegio, e di Lauro, le quali perdonsi in quel lago a Sud-Est.Presso la sorgente veggonsi ruderi forse di terme, e di altri edifici antichissimi”.

            Michele Colozzi[iv] così ci presenta questo luogo: “Il Molino di Caldole[v] è fatto dal fiume Api o Apri ove il suo proprio territorio dotale, sebbene anticamente maggiore al presente, si è trovato di versure otto”.

            “Del fiume ne è assolutamente proprietario il Monastero (S. Giovanni in Piano) né può alcuno portare i suoi animali abbeverarli, senza pagarne la fida”.

            “Il quadrone di S. Nazzaro si congiunge colla suddetta chiusura degli olivastri nella parte dei paglieti e dentro detto quadrone vi era anticamente un altro molino fatto similmente del fiume Api o Apri, pure del Monastero”.

            “Eravi ancora un’antica chiesa le cui vestigia ancora vi sono, dedicata a S. Eleazzaro, volgarmente detta S. Nazzario, donata dal Conte Petronio e i suoi successori Conti di Lesina al Monastero di S. Giovanni in Piano, come appare nei Privilegi che si conservano nella IV fila dell’archivio”.

            “Il quadrone di S. Nazzario è uno dei cinque quadroni franchi nel territorio di Lesina, in cui tutto si può seminare senza serbare porzione alcuna ai locati, i quali solamente vi possono pascolare, né altri o siano di Lesina, o della Procina ai quali viene espressamente proibito. Al presente si è trovato detto quadrone di S. Nazzario oltre le versure 15 di mezzana fra paglieti, di carra 5 ed una versura”.

“Il corpo unito assieme del molino, e suo territorio, della chiusa dell’olivastri, del quadrone di S. Nazzario, confina da tramontana con il fiume Api o Apri; da Levante con la via di Vico e Rodi, colli demani di S. Nicandro; da Mezzogiorno con le terre della R. Corte, colla via che va a Lesina; da Ponente col quadrone di Ripalta e col fiume Api o Apri”.

“Con la sentenza del 13 giugno 1810 della Commissione feudale, si nota che questo territorio faceva parte del Comune di Lesina. Il ripartitore Zurlo nel 1811 tolse a Lesina i territori del fiume Api o Apri verso Lesina, assegnandoli a Terranova (oggi Poggio Imperiale), quando allora era solamente masseria e poi borgata. Poscia fu popolata da una colonia di albanesi e chiunque altro del reame, ivi chiamati dal feudatario per coltivare quelle terre del feudo di Lesina, per l’estensione di ettari 5238, offrendo loro vitto, ricetti animali e soccorsi d’ogni genere”.

“Si comprende, secondo l’asserzione di Zuccaretto, che il territorio di S. Lazzaro giunse ai PP. Benedettini per donazioni fatte dai Conti di Lesina, che tutte quelle estensioni da S. Nazzario (S. Lazzaro o Caldola – Apri) facevano parte della donazione fatta dalla Regina di Durazzo alla S. Casa dell’Annunziata nel 1411”.

Scrive Giuseppe De Leonardis[vi]: “Tiepide sono le acque di Poggio Imperiale o Terranova e quelle del Caudolo, che scaturiscono presso la chiesetta rurale di S. Lazzario; sono così dette, perché calde due gradi più dell’atmosfera, sparse di sale di Epson.

Le acque del Caldoli

Tali acque, oltre ad essere lievemente mineralizzate, presentano un grado di termalità particolarmente elevato, compreso tra i 16° e i 26° nel corso di tutto l’anno.

Raffaele Centonza[vii], scrivendo sempre sul fiumicello, ci riporta alcuni dati importanti sulla proprietà di queste acque: “Dalla gentilezza del signor Raffaele Zaccagnino mi è stata favorita la seguente analisi dell’acqua del fiume Caldola, eseguita nel 1872 dal chimico prof. Silvestro Zinno: solfato di calcio 0,33 – cloruro di sodio 0,30 – cloruro di magnesio 0,16 – ioduro di magnesia 0,15 – carbonato di calcio 0,27 – carbonato di soda 0,20 – silice 0,17 – materie organiche 0,27 – perdita 0,136”.

Probabili resti delle terme romane (Foto di Lorenzo Parisi anno 2011)

È antichissimo il culto delle acque. Le leggendarie virtù terapeutiche dell’acqua, sia come purificatrice sia come fonte di vita sono molteplici.

Nel passato, sorgenti e fonti erano considerate magiche e il luogo dove esse sorgevano, era meta di pellegrinaggi.

Le virtù dell’acqua, individuate e celebrate sin dall’antichità classica, hanno avuto nel corso dei secoli alterne vicende, dove l’immaginario collettivo, mescolando fantasia e costatabilità, le ha associate a procedure terapeutiche per le più svariate patologie in cui spesso riesce difficile definire il confine tra scienza e rituale magico.

Nei santuari dedicati ad Asclepio si sa come l’acqua rappresentasse un punto determinante per le terapie da applicare: infatti, presenza indispensabile era, anzitutto, una fonte o una sorgente, la cui acqua veniva utilizzata per purificare il malato[viii], contribuendo alla sua guarigione mediante idroterapia, che veniva attuata sulle parti malate, oppure attraverso l’assunzione del liquido[ix].

In questa cartina geografica è ben visibile, sottolineato, il fiumicello Caudolo (Caldoli). Poggio Imperiale non è nella cartina, perché all’epoca non era ancora comune autonomo, avendo ottenuto la sua autonomia amministrativa solo dal 1816.

Particolare della Capitanata: «Carte de la Seconde Partie du Royaume de Naples

Contenant la Capitanate, la Pouille, la terre de Bari, et la terre d’Otrante».

Gallica – Bibliothèque nationale de France

Anticamente una strada proveniente dal sito di Lesina si dirigeva ad est verso la contrada san Nazario, con un percorso molto dissimile da quello di oggi. Lungo tale itinerario, infatti, si sono visti ed esaminati sporadici ritrovamenti di reperti romani di età repubblicana ed imperiale.

Questo fiumicello veniva utilizzato dai Patrizi per le cure termali. I crociati, di passaggio dalla terra Santa e vittime di distorsioni, immergevano i piedi e le braccia disastrati nelle acque calde del fiumicello, come pure fece, secondo un’antica leggenda, san Nazario, che vi lavò i piedi e le gambe, appoggiandosi su un cippo marmoreo, che attualmente si trova nella chiesetta, levigato dalle mani dei tanti pellegrini.

Dietro la chiesetta del Santo vi era un pozzo alle cui acque si attribuivano salutari virtù. Più lontano c’era un laghetto, alimentato dalle acque del Caldoli, dove andavano a tuffarsi coloro che, piagati, cercavano la salute.

 

NOTE

[i] Alle falde delle pendici di Sannicandro nascono il Lauro e il Caudolo (Caldoli), fiumi che, dopo aver animato nel passato dei mulini idraulici, si gettano nel sottostante lago di Lesina. La stessa cosa fa il fiumicello Lauro, corso d’acqua allora adiacente al fiume Apri, in località san Nazario, che è una larga vena d’acqua dolce e cristallina.

[ii] Tratto da “Cenni storici e geologici delle proprietà fisiche, chimiche e mediche delle singole sorgenti sulle acque minerali d’Italia”, raccolte ed ordinate per cura di GUGLIELMO JERVIS, Torino, Firenze 1868.

[iii] MATTEO FRACCACRETA, Teatro topografico, storico poetico della Capitanata e degli altri luoghi più memorabili e limitrofi della Puglia, Napoli 1828 –1837, Lucera 1843, nota 55.

[iv] MICHELE COLOZZI, Sulla genesi del territorio e diritti di uso civico per Lesina, San Severo 1932, p. 50 e ss.

[v] Il fiumicello Caldoli che scorre nei pressi di S. Nazario, come abbiamo potuto leggere, veniva denominato in diversi modi: Aprio, Api, Apri, Caudolo e infine Caldoli.

[vi] GIUSEPPE DE LEONARDIS, Monografia generale del promontorio del Gargano, Napoli 1858, p. 162.

[vii] RAFFAELE CENTONZA, L’uomo preistorico sul monte Gargano e sulle rive del lago di Lesina in Capitanata, San Severo 1888, p. 10, nota 1.

[viii] Abluzioni potevano anche essere praticate per ottenere la purificazione dopo malattie ed epidemie; dopo la pestilenza descritta nel I libro dell’Iliade, i greci si purificarono lavandosi e gettando poi in mare l’acqua sporca.

[ix] R. BERNARD, P. VASSAL, Etude medicale des ex-voto des souces de la Seine, RAE 1958, p. 336.