La devozione di san Placido a Poggio imperiale

Le reliquie di san Placido sono conservate nella Chiesa di san Giovanni di Malta a Messina, sacello in cui furono scoperte nel 1588. Alcune reliquie del corpo del Santo sono custodite a Biancavilla in provincia di Catania, a Castel di Lucio (ME), a Ceriana in provincia di Imperia, a Poggio Imperiale in provincia di (FG).

San Placido è compatrono di Messina insieme con la Madonna della Lettera; è Patrono dell’arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela; di Biancavilla (CT), di Castel di Lucio (ME), di Montecarotto (AN), di Poggio Imperiale (FG), di san Benedetto Belbo (CN).

La tela raffigura san Placido in ginocchio, che prega la Madonna con Gesù Bambino in braccio, mentre, dal basso, un putto gli offre un ostensorio.

Sul quadro, a destra, verso il basso si può osservare anche lo stemma della casa principesca: un’aquila rampante con una corona. Tale stemma fu, poi, adottato, come proprio, dal Comune di Poggio Imperiale.

Poggio Imperiale ha il pregio di esporre alla venerazione dei fedeli la reliquia del suo Santo Patrono: il frammento di un osso distaccato dallo scheletro di san Placido M., custodito nella chiesa di san Giovanni di Malta in Messina.

L’osso fu donato alla chiesa di Poggio Imperiale, grazie all’interessamento di Sua Eccellenza don Benedetto dei Conti Bonazzi, arcivescovo di Benevento, durante la sua visita pastorale avvenuta nei giorni 18, 19 e 20 maggio del 1913.

L’osso dello scheletro di S. Placido donato a Poggio Imperiale. L’osso è autenticato e si può leggere la scritta: Ss. Placidi Mm. Patr. Princ. Dioec. Messan. (di S. Placido Martire, Patrono Principale della Diocesi di Messina).

Ricordo da ragazzo che il parroco don Giovanni Giuliani senior, durante la festività di S. Placido m., dopo la celebrazione della S. Messa, sottoponeva alla devozione dei fedeli la reliquia e la faceva baciare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dipinto, ad evidente carattere devozionale, rispecchia la propria inclinazione naturale verso il mondo degli affetti descritto dal teatro metastasiano, che venivano tradotti dal De Mura in immagini di raffinata eleganza cromatica, non immuni da influssi esercitati dall’opera di Giaquinto, Giordano, de Matteis, giungendo ad innestare il classicismo barocco solimenesco con le ultime tendenze del rococò internazionale.

Il quadro, abbandonato per tanti anni a causa di lavori fatti in chiesa o perché si credeva fosse senza alcun valore artistico, fu fatto restaurare nell’anno 1998 per interessamento del parroco don Paolo Lombardi e per volontà dei fedeli, che hanno collaborato e contribuito alla spesa.

Il dipinto che prima era collocato dietro l’altare maggiore, ora è posto sull’altare destro del transetto.

La festa del Santo Patrono S. Placido e del Compatrono S. Michele svolgeva una funzione sociale, oltre che religiosa.

Essa contribuiva a tenere desta un’intera popolazione, le donne in modo particolare, per le quali la festa ecclesiastica, era il movente che le spingeva ad uscire di casa.

Per l’occasione la chiesa parrocchiale veniva rivestita all’interno con decorazioni e panni colorati. Si faceva il cosiddetto tesèlle.

Ai giorni nostri l’oddobbo è più semplice, non più grandiose tele colorate, ma solo due nicchie vicino all’altare maggiore per esporre i Santi alla venerazione dei fedeli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Al triduo di preparazione alla festa, i poggio imperialesi partecipavano in massa alla funzione serale, per dimostrare un particolare attaccamento a san Placido.

Durante il tiduo e nel giorno della sua festa, il 5 ottobre, durante la processione, si pregava e si inneggiava al Santo con l’inno a Lui dedicato.

Questo canto non solo conferma l’affetto per il Santo, che le passate generazioni hanno sempre espresso con viva forza dell’animo, ma riafferma anche il suo martirio insieme con i fratelli.

Più dolce sull’organo

un canto risuoni,

cantiamo le gloria

dei nostri Patroni[1].

Le gesta di Placido,

che intrepido e forte,

non teme il martirio,

non teme la morte.

Alle empie minacce

sta saldo e non cede,

innanzi degli uomini

confessa la fede.

Che giova, che lacera

da mille sferzate

di sangue s’imporporano

le membra squarciate?

Che giova che gli empi

la lingua han strappato?

Non cessa l’intrepido

di Cristo soldato.

Ma forte, ma impavido

esorta i compagni:

fratelli, ci aspettano

eterni guadagni.

Se lieve martirio

soffrite per Cristo,

corona fia, premio,

del cielo l’acquisto!

Ai detti di Placido

s’accendono quelli

e gridan con Flavia:

moriamo, o fratelli.

Nel coro degli angeli

ci attende il Signore,

eterno fia il vivere

di chi per Lui muore!

Ah! Dolce sull’organo

un canto risuoni:

cantiamo le glorie

dei nostri Patroni.

In un viaggio fatto in Sicilia mi sono fermato a Messina a visitare la chiesa di san Giovanni di Malta ed il Sacello dove riposano le sacre reliquie di S. Placido M. Qui sono riuscito ad avere la musica originale dell’inno. La devozione al Santo è molto sentita in questa città.

Tratto dal Libro: “San Placido Martire, il Santo dei giovani, seconda ed.delle Ed. del poggio luglio 2019 di Alfonso Chiaromonte

 

 

[1] I Patroni sono san Placido, san Eutichio, san Vittorino e santa Flavia. Questi santi sono compatroni della città e dell’archidiocesi di Messina.

L’inno, infatti, ci è giunto direttamente da questa città, dove si trovano le loro reliquie nella chiesa di san Giovanni di Malta a Messina.

Pubblicato da Alfonso Chiaromonte

Alfonso Chiaromonte è nato il 25 aprile 1941 a Poggio Imperiale dove attualmente risiede. E' conosciuto come scrittore di cose patrie, autore di apprezzati studi su Poggio Imperiale, di cui ha descritto minutamente la breve ma intensa storia.